Sulla moschea serviva e serve una discussione aperta.

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La tesi: Il luogo di culto doveva essere inserito in un progetto anche culturale. Sulla moschea serviva una discussione aperta.

La costruzione della moschea costituisce ancora un problema forse perché l’ Amministrazione comunale l’ha proposta senza una aperta discussione e tale carenza continua ad offrire spazi a politici più protesi ad esasperare la paura del diverso che ad attenuarne le tendenze estreme.
Se fosse stata inserita in un progetto, anche culturale, discusso ed approvato, la moschea , avrebbe potuto entrare a far parte di un insieme di provvedimenti capaci di soddisfare richieste dei cittadini, da troppo tempo disattese.

Come proposto da Ali Reza Naser, professore di Architettura bizantina ed islamica dell’ Università di Genova, una sala della moschea aperta a tutti avrebbe potuto anche contenere, in esposizione permanente,una serie di reperti di quella storia che ha visto la nostra città al centro della cultura mediterranea dal 1200 al 1600.
La manifestazione pro e contro- moschea , cui hanno aderito i cittadini, si é svolta su due fronti.
Quello favorevole, eterogeneo, variegato, convinto che tutte le religioni abbiano diritto al rispetto, si è unito ad un don Gallo scherzoso e consapevole del fatto che si può davvero essere “cittadini della città” secondo i criteri europei. In sottofondo la musica di De André.

Il secondo ha fatto capo a Rixi , giovane e scintillante segretario della Lega che in un recente scritto ha rifiutato l’ accusa di “ rozzezza culturale” attribuita al suo partito ed ha guidato la protesta con slogan che di culturale ben poco avevano.
Due considerazioni.
Non si può parlare di problema di sicurezza solo perché una moschea è anche luogo politico . Una eventuale pericolosità potrà dipendere da “ quali “ politiche vi si realizzeranno.
Credo comunque sia più facile il controllo di una unica struttura piuttosto che di tutti gli attuali improvvisati luoghi di preghiera.

In merito ai cosiddetti “ problemi di seconda e terza generazione” e cioè l’esplosione della rivolta dei giovani figli di immigrati, avvenuta nella “ banlieu” francese, se ne condivide talmente la preoccupazione da ritenere importante prevenirla.
L’esclusione crea ingiustizia e disagio; porta alla ribellione. L’ inclusione offre sollievo all’ inevitabile sofferenza di chi abbandona il suo paese nella speranza di una vita migliore.

I figli degli immigrati sono nostri figli, futuri cittadini di una città che ha sempre accolto il cosiddetto” foresto” tanto che nel 1500 vi si trovavano due moschee.
Il modo civile con cui gli interessati si propongono anche a chi non riconosce loro un diritto sancito dalla nostra Costituzione fa riflettere sull' essere diversi da chi non accetta la reciprocità.

Il poliziotto arrestato e il codice etico. tratto da " Il Secolo XIX " del 1° febbraio 2009

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Il dibattito: è essenziale la scelta dei dirigenti e di agenti idonei a ruoli delicati.

In occasione dell'arresto di un poliziotto genovese coinvolto nel traffico internazionale di stupefacenti, uno dei sindacati della polizia, esprime solidarietà ai colleghi ritenendo forse che il comportamento di uno possa incidere negativamente sull'opinione pubblica.

Il questore parla di "mele marce" ed afferma, con una punta di demagogia che, se il poliziotto ha sbagliato, deve pagare più degli altri.
Entrambi gli atteggiamenti appaiono pervasi di una giusta preoccupazione che coinvolge però in maniera diversa i primi ed il secondo.

Dopo i fatti del G8, con un doppio binario contrapposto Ministero-Magistratura per i presunti responsabili e con le relative sentenze che colpiscono più la base che i vertici, la polizia attraversa un momento delicato.

Non essendo state chiarite le responsabilità politiche dei fatti, i suoi vertici possono apparire gli unici tenuti a risponderne.
Fin troppo facile è diventare capro espiatorio perdendo stima e rispetto.
Per l'interesse generale è essenziale che la scelta di personale idoneo a svolgere compiti delicati e difficili che lo pongono a contatto con i cittadini di cui deve rispettare, rispettato, diritti e libertà.
Ugualmente importante è la scelta dei dirigenti.

Fa notizia la pubblicazione su "Repubblica"di messaggi transitati su "Doppia Vela", sito intelligentemente istituito dall'Amministrazione della Polizia di Stato che accoglie critiche, lamentele e segnalazioni di disservizi oltre a fornire utili informazioni ai poliziotti.
Valutazioni più o meno di parte, di fatti accaduti si mescolano qui ad espressioni che evidenziano malessere e stress, derivanti dal fatto che spesso gli agenti si sentono prigionieri di una politica basata sempre sullo scontro e frustrati dal non poter fornire le dovute risposte alle richieste dei cittadini.

"L'esistenza è battaglia e sosta in terra straniera"

"L'odio chiama odio"


"Siamo come scorpioni in bottiglia, soli con la nostra rabbia"

"L'Italia non è uno stivale ma un anfibio di celerino"

Sono alcune espressioni riportate sul sito.


Esse richiamano una contrapposizione tra manifestanti e forze dell'ordine fortemente voluta dalla politica in questi ultimi anni. Esiste il codice etico del Consiglio d'Europa per le polizie europee; esso risale, non a caso, al settembre 2001.

C'è da chiedersi quanti dirigenti lo abbiano approfondito e discusso con i propri uomini e quanti politici dei diversi schieramenti lo condividano e lo conoscano. Appare evidente che, di fronte a problematiche così particolari, ben poco possono giovare una cultura ed una impostazione di tipo militare.