" Le ronde"?

I rappresentanti delle Forze dell’ Ordine protestano contro l’ultimo decreto per la sicurezza e chiedono di essere ascoltati dal governo, preoccupati per le conseguenze di tale normativa.
Il ministro Maroni definisce il modello di sicurezza cui si ispira “un sistema partecipato cui concorrono professionisti e volontari”
L e giuste proteste sono per lui “polemiche di persone ancorata a vecchi schemi e offuscate da pregiudizi”
Cosa significa nel concreto “ partecipazione”alle politiche per la sicurezza e chi sono i “professionisti” e i “volontari”?
Genova, città del “mugugnu, scende abitualmente in piazza per attirare l’attenzione su quei problemi che, pur affrontati in un sistema integrato, facente capo al Comitato Provinciale per la sicurezza presieduto dal Prefetto, non sembrano così risolvibili.
La partecipazione è dunque intesa spesso come protesta anche se in molte occasioni il cittadino, considerato dalle moderne teorie, ” primo vero custode del suo territorio”, ha fornito alle forze di polizia una concreta collaborazione.
Si verificano però anche fatti nuovi.
I giovani responsabili genovesi del partito del ministro, la cui appartenenza è ben riconoscibile, ”passeggiano” e “rassicurano” tutti anche grazie ad un cane senza museruola, non proprio da salotto. Essi segnalano alle forze dell’ ordine la presenza sul territorio di prostitute e spacciatori, fenomeni e situazioni indubbiamente nuovi per le stesse.
Le idee proliferano e così, in un mercato del centro, una manifestazione contro gli abusivi si riveste subito di simboli e sponsor. Una pettorina non si nega a nessuno e per fortuna arriva la reazione del Prefetto.
Saranno questi i “volontari” che rassicureranno i cittadini vittime di quella paura così ben inculcata in periodo elettorale che oggi si tenta di esorcizzare’?
O saranno le “squadre civiche” di ex poliziotti o carabinieri,cui andranno finanziamenti pubblici non reperiti per le Forze di Polizia, squadre rese meno inquietanti da qualche presenza femminile?
La vivibilità viene confusa con la sicurezza e questa con l’ ordine pubblico; alle giuste istanze dei cittadini si forniscono risposte improbabili ed anticostituzionali.
E col termine “professionisti” cosa intende il ministro?
La nostra politica, salvo rarissime e casuali eccezione, rispetta ben poco la professionalità delle Forze dell’ Ordine, cui nega da tempo le necessarie risorse; la figura del Questore dotato necessariamente di conoscenza specifica sulle politiche del territorio, appare sempre meno valorizzata.
I cittadini di buon senso devono porsi a fianco delle Forze di Polizia come ai tempi della Riforma per ragionare davvero sulla sicurezza.

Sulla moschea serviva e serve una discussione aperta.

.



La tesi: Il luogo di culto doveva essere inserito in un progetto anche culturale. Sulla moschea serviva una discussione aperta.

La costruzione della moschea costituisce ancora un problema forse perché l’ Amministrazione comunale l’ha proposta senza una aperta discussione e tale carenza continua ad offrire spazi a politici più protesi ad esasperare la paura del diverso che ad attenuarne le tendenze estreme.
Se fosse stata inserita in un progetto, anche culturale, discusso ed approvato, la moschea , avrebbe potuto entrare a far parte di un insieme di provvedimenti capaci di soddisfare richieste dei cittadini, da troppo tempo disattese.

Come proposto da Ali Reza Naser, professore di Architettura bizantina ed islamica dell’ Università di Genova, una sala della moschea aperta a tutti avrebbe potuto anche contenere, in esposizione permanente,una serie di reperti di quella storia che ha visto la nostra città al centro della cultura mediterranea dal 1200 al 1600.
La manifestazione pro e contro- moschea , cui hanno aderito i cittadini, si é svolta su due fronti.
Quello favorevole, eterogeneo, variegato, convinto che tutte le religioni abbiano diritto al rispetto, si è unito ad un don Gallo scherzoso e consapevole del fatto che si può davvero essere “cittadini della città” secondo i criteri europei. In sottofondo la musica di De André.

Il secondo ha fatto capo a Rixi , giovane e scintillante segretario della Lega che in un recente scritto ha rifiutato l’ accusa di “ rozzezza culturale” attribuita al suo partito ed ha guidato la protesta con slogan che di culturale ben poco avevano.
Due considerazioni.
Non si può parlare di problema di sicurezza solo perché una moschea è anche luogo politico . Una eventuale pericolosità potrà dipendere da “ quali “ politiche vi si realizzeranno.
Credo comunque sia più facile il controllo di una unica struttura piuttosto che di tutti gli attuali improvvisati luoghi di preghiera.

In merito ai cosiddetti “ problemi di seconda e terza generazione” e cioè l’esplosione della rivolta dei giovani figli di immigrati, avvenuta nella “ banlieu” francese, se ne condivide talmente la preoccupazione da ritenere importante prevenirla.
L’esclusione crea ingiustizia e disagio; porta alla ribellione. L’ inclusione offre sollievo all’ inevitabile sofferenza di chi abbandona il suo paese nella speranza di una vita migliore.

I figli degli immigrati sono nostri figli, futuri cittadini di una città che ha sempre accolto il cosiddetto” foresto” tanto che nel 1500 vi si trovavano due moschee.
Il modo civile con cui gli interessati si propongono anche a chi non riconosce loro un diritto sancito dalla nostra Costituzione fa riflettere sull' essere diversi da chi non accetta la reciprocità.

Il poliziotto arrestato e il codice etico. tratto da " Il Secolo XIX " del 1° febbraio 2009

.

Il dibattito: è essenziale la scelta dei dirigenti e di agenti idonei a ruoli delicati.

In occasione dell'arresto di un poliziotto genovese coinvolto nel traffico internazionale di stupefacenti, uno dei sindacati della polizia, esprime solidarietà ai colleghi ritenendo forse che il comportamento di uno possa incidere negativamente sull'opinione pubblica.

Il questore parla di "mele marce" ed afferma, con una punta di demagogia che, se il poliziotto ha sbagliato, deve pagare più degli altri.
Entrambi gli atteggiamenti appaiono pervasi di una giusta preoccupazione che coinvolge però in maniera diversa i primi ed il secondo.

Dopo i fatti del G8, con un doppio binario contrapposto Ministero-Magistratura per i presunti responsabili e con le relative sentenze che colpiscono più la base che i vertici, la polizia attraversa un momento delicato.

Non essendo state chiarite le responsabilità politiche dei fatti, i suoi vertici possono apparire gli unici tenuti a risponderne.
Fin troppo facile è diventare capro espiatorio perdendo stima e rispetto.
Per l'interesse generale è essenziale che la scelta di personale idoneo a svolgere compiti delicati e difficili che lo pongono a contatto con i cittadini di cui deve rispettare, rispettato, diritti e libertà.
Ugualmente importante è la scelta dei dirigenti.

Fa notizia la pubblicazione su "Repubblica"di messaggi transitati su "Doppia Vela", sito intelligentemente istituito dall'Amministrazione della Polizia di Stato che accoglie critiche, lamentele e segnalazioni di disservizi oltre a fornire utili informazioni ai poliziotti.
Valutazioni più o meno di parte, di fatti accaduti si mescolano qui ad espressioni che evidenziano malessere e stress, derivanti dal fatto che spesso gli agenti si sentono prigionieri di una politica basata sempre sullo scontro e frustrati dal non poter fornire le dovute risposte alle richieste dei cittadini.

"L'esistenza è battaglia e sosta in terra straniera"

"L'odio chiama odio"


"Siamo come scorpioni in bottiglia, soli con la nostra rabbia"

"L'Italia non è uno stivale ma un anfibio di celerino"

Sono alcune espressioni riportate sul sito.


Esse richiamano una contrapposizione tra manifestanti e forze dell'ordine fortemente voluta dalla politica in questi ultimi anni. Esiste il codice etico del Consiglio d'Europa per le polizie europee; esso risale, non a caso, al settembre 2001.

C'è da chiedersi quanti dirigenti lo abbiano approfondito e discusso con i propri uomini e quanti politici dei diversi schieramenti lo condividano e lo conoscano. Appare evidente che, di fronte a problematiche così particolari, ben poco possono giovare una cultura ed una impostazione di tipo militare.

La Polizia ha una professionalità specifica sulla violenza sessuale.




La strumentalizzazione per fini politici dei problemi inerenti la sicurezza non è un fatto nuovo e nelle ultime elezioni essa ha determinato la vittoria di chi prospettava la repressione come l’unico mezzo per migliorare la qualità della vita nelle città.

La sicurezza però non si realizza solo con la repressione ma costituisce il prodotto finale di tutta una serie di interventi basati sulla collaborazione tra le varie istituzioni e tra istituzioni e cittadini. E’ un fenomeno traversale alla cui realizzazione contribuiscono fattori diversi e talvolta imprevedibili.

La carta europea, cui il Comune di Genova ha aderito nel 2002, include la sicurezza tra i diritti fondamentali dei cittadini delle città cioè di tutti coloro che nella città appunto vivono.

In ambito europeo si fa distinzione tra i problemi derivati dal crimine e quelli che dipendono invece dalla paura del crimine. In parole più semplici si distingue la sicurezza reale da quella percepita e si propongono interventi di tipo diverso per le differenti problematiche che ne derivano.

Una situazione abbastanza difficile come quella che viviamo attualmente non può essere risolta con provvedimenti demagogici o improvvisazioni casuali ma deve essere affrontata con intelligenza nell’ambito di un sistema integrato di cui fanno parte istituzioni e cittadini e nel quale ciascun componente è tenuto a fornire positivi e condivisi contributi.

Genova tale sistema lo ha creato già da tempo e, in linea di massima, esso funziona. In una società complessa come la nostra, tuttavia, le soste non sono permesse. Si deve continuare a cercare risposte alle problematiche confrontandosi a livello europeo e non solo, studiando soluzioni concordate per tutti quei problemi che caratterizzano il nostro mondo in continua
evoluzione.

Sulla violenza sessuale, argomento dominante di questi ultimi giorni, esprimo il convincimento che siano assolutamente condivisibili le proposte che il Dr. Michele Marchesiello formula nell’articolo del 28 gennaio, sul Secolo XIX.

I movimenti femminili hanno da tempo interrotto quella lotta serrata a difesa dei diritti della donna che aveva caratterizzato i decenni precedenti. Bisogna perciò ripartire dal punto in cui si è lasciato senza nulla sognare su presunte pari opportunità, diventate più un mezzo di avanzamento di carriera per qualcuna che non un democratico sistema di garanzia.

L’ espressione usata da Berlusconi a proposito della impossibilità di impiegare un soldato per ogni “bella” donna, suona come una fedele fotografia della nostra attuale società in cui la donna subisce violenze di cui parla, con colpevole disinvoltura, proprio chi dovrebbe contribuire ad eliminarle. Non sa, il nostro capo del Governo che la violenza tocca le donne di qualsiasi età e condizione.

Mi meraviglia che le donne continuino ancora a votarlo. Alla violenza si aggiunge il fatto che cinquant’ anni di ottimo lavoro delle donne nella Polizia di Stato vengono completamente ignorati.

La donna poliziotto non si vede riconosciuti i dovuti meriti ed è più facile avviare uno studio su violenza e stalking, come si trattasse di fatto nuovo, piuttosto che prendere atto di una esperienza pregressa cui attribuire il giusto valore. E’ da chiedersi se é davvero così difficile per il mondo maschile, riconoscere i meriti delle donne che hanno maturato esperienze specifiche diverse da quelle abituali?

Dico questo perché sono convinta che una specificità sui reati di violenza appartenga, al momento, solo alla Polizia di Stato. Nel decidere, ad esempio in sede di Comitato provinciale per la sicurezza, quali interventi attuare sul territorio o in altri ambiti, forse varrebbe la pena di non considerare solo insostituibile la presenza dei responsabili gerarchici dei vari corpi di polizia ma anche quella di funzionarie o ispettrici che, per l’esperienza maturata in settori specifici quali,ad
esempio, la Squadra Mobile, siano in grado di fornire utili contributi.

La presenza della donna in Polizia deve essere valorizzata e l’esperienza pregressa tenuta nella giusta considerazione. Per ora mi pare di dover dire che l’esercito potrà essere forse impiegato in
ore diurne e notturne, in zone periferiche abbandonate e deserte ma ciò che è indispensabile è un’attività di prevenzione e l’acquisizione generazionale di un rispetto di genere da crearsi giornalmente col contributo di tutte le istituzioni , famiglia e scuola comprese.